"Il moggio" 2008 Umbria Grechetto igt - Goretti
Più che una degustazione una testimonianza questa. Presi questa bottiglia sullo scaffale del mio ex supermercato di fiducia, deposito semiabbandonato di tante perle dell'enologia storica italiana in sconto fisso. Dico ex non perché i nostri rapporti si siano incrinati, ma per il semplice fatto che non esiste più (o meglio a non esistere più è quel romantico scaffale), fagocitato dalla catena più grande di turno.
La bottiglia in questione è "Il Moggio" della cantina Goretti, ubicata presso il Castello di Pila, alle porte di Perugia. Annata 2008, "ma va," - dico allo scaffale in questione con il quale sono in particolare confidenza - "mi stai prendendo per il culo?" No, 2008, Grechetto in purezza. Come puoi non portartela a casa una bottiglia così, splendida splendente sapientemente illuminata dal faretto alogeno da molti lustri or sono, a giudicare dalla coltre di polvere che la riveste.
Bottiglia evidentemente votata alla ricerca dei limiti di uno dei più diffusi autoctoni regionali, ovvero il Grechetto, in questo caso raccolto leggermente surmaturo ed affinato qualche mese in legno piccolo. 
E niente, ho trovato il vino in perfetta salute, nonostante i dieci e passa anni di vita: a partire dal colore dorato ancora lucente, bello e prezioso. Facendolo roteare nel bicchiere se ne apprezza la consistenza. Al naso agrumi canditi, pesca sciroppata, vaniglia e burro, miele. Un cesto di frutta tropicale. Il sorso è morbido e vellutato, di gran struttura. Non stanco, tutt'altro: sarò io magari che non sono abituato a bere vini così "affettuosi", ma vi dirò che me lo sono sorseggiato con gran gusto, una volta tanto.
Non sono un esperto di Grechetto, ma dubito sia molto varietale, e magari anche poco territoriale, però m'è piaciuto. Un vino d'epoca, molto elegante, figlio di un'era che non c'è più.
Dimenticavo: vedete la scritta Il Moggio rossa in etichetta? Prima di metterla in frigo era bianca. Etichetta termocromica camaleontica. Adoro.
Cantine Goretti
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