Mercato FIVI 2021: che sete!

I freddi numeri non bastano a raccontare un decimo Mercato FIVI da record, straripante di gente (si parla di 20.000 visitatori nei tre giorni), di vino (641 cantine presenti oltre alle delegazioni ospiti provenienti da Francia, Bulgaria e Slovenia) e di vita. Sì, l'ho detto, perdonatemi le smancerie ma le persone erano felici, felicissime, assetate, curiose, persino civili ed educate. La voglia di vino e di condivisione ai tempi del Covid ha fatto sì che tutto procedesse nel migliore dei modi, tant'è vero che ho potuto avvertire una evidente sensazione di sicurezza, contro ogni più rosea previsione.
Non è stato il numero delle presenze a fare la differenza, ma l'intensità delle stesse. Bravi tutti.


Ma non voglio perdere tempo in premesse prolisse e poco interessanti, anche perché gli assaggi significativi sono stati tanti, tantissimi. Ve li ripropongo in rigorosissimo ordine cronologico.

Giorno 1

Brunello di Montalcino docg 2016 – Sanlorenzo
Pronti, via! Decido di togliermi subito il dente ed inizio la prima giornata di Mercato col botto, al banco di Luciano Ciolfi. Ho sentito parlare tanto bene della sua tenuta Sanlorenzo, sul versante sud-ovest di Montalcino a 500 m di altitudine, da non aver saputo aspettare. Buonissimo il Rosso, vino di estrema piacevolezza. Ma il suo Brunello 2016, complice l’annata leggendaria, ha il passo del purosangue: complesso e completo, stratificato, radioso. Sorso tonico sostenuto da un’acidità incredibile, tannino ancora piuttosto deciso ma pregiato. Ha tutto per poterlo dire già grande e per immaginarlo grandissimo nei prossimi dieci o vent’anni.

“Barasta” Castelli di Jesi Verdicchio Riserva docg Classico - Casaleta
Dicevo sopra di aver evitato gli assaggi marchigiani per quanto possibile, ma il canto di sirena del Barasta, seducente e persuasivo, mi ha nuovamente attratto fatalmente. Quella sua mineralità così complessa, enigmatica, la pietra focaia e la nota affumicata, il sorso ricco, sontuoso, le dolcezze e la chiusura amaricante, ed altro ancora. Tanta roba. Si conferma l’assaggio bianco più interessante di quest’anno. Felice di rivedere Oretta e Cristina dopo la splendida visita estiva e curioso di approfondire meglio la nuova linea Zeroeffe a zero residui di fitofarmaci.

“Stara Brajda” 2019 Venezia Giulia igt – Lupinc
Uvaggio carsico di Vitovska, Malvasia istriana e Friulano. Rispetto agli altri vini monovitigno di Lupinc lo Stara Brajda deficita forse in personalità, oppure è semplicemente meno egocentrico. Ma nel suo assemblaggio c’è tanta inoppugnabile maestria da farne, per me, il campione della batteria. Che equilibrio impeccabile! Proporzionato, armonioso, perfettamente simmetrico. Ingentilito da un passaggio in legno, ravvivato dal battito di una mineralità intrinseca. Bellezza classica, carsica.


Barolo docg 2016 Ravera – Abrigo Giovanni
La visita all'Azienda Abrigo Giovanni rimarrà certamente fra i ricordi più felici di questo Mercato 2021: dietro al banchetto i fratelli Sergio e Giulio, giovani, belli, simpatici e pieni di energia positiva. Con la vendemmia 2016 hanno trovato la quadra al loro Barolo Ravera, vino di pregevole fattura, elegante e delicato al naso, dal tannino ancora esuberante e dalle spalle (acide) larghe, di grande persistenza gusto-olfattiva. Ha una lunga vita avanti a sé. Entusiasmante la Barbera d’Alba Marminela, vero vino quotidiano, di quelli da non stancarsi mai.

“Follalba” Valdobbiadene Prosecco docg – Francesco Follador
No, non sono riuscito a scegliere fra Dry, Extra Dry, Extra Brut. È stata una sbicchierata veloce, velocissima, versato-bevuto-versato-bevuto, tac tac tac. Quando va così non puoi scegliere. Diciamo che per i miei gusti avrei potuto preferire il Colfondo, fresco e rusticheggiante, golosissimo. Però effettivamente la purezza espressiva della linea Follalba nella sua interezza va premiata. Allora diciamo che quello che sulla carta non mi sarebbe dovuto piacere, ovvero il più amabile Dry, è quello che ho preferito: acidità vibrante che fa da contrappeso ad una dolcezza mai invadente, esperienza tattile notevole, cremosissima, di grande persistenza. La differenza fra un pessimo Prosecco ed un grande Prosecco sta tutta in un assaggio così. Poi però ho comprato l’Extra Brut, secco con tutti i profumi in bella vista, perché il babbo indigeno ha bisogno di ripartire dalle basi e farsi un’idea delle potenzialità di questi vini.


"Rolat" 2020 Collio doc Friulano - Raccaro
Questo vino, a parer mio, non ha la visibilità che merita. Per me è la misura delle potenzialità di un territorio, è l’esempio perfetto dell’espressione “avere stoffa”. E ne ha così tanta che risulta quasi difficile spiegarla. Ah sì, la ponka… Bel naso elegante, mineralissimo, vegetale e iodato. Sapido e fresco. Ma anche straordinariamente avvolgente, di grandissima persistenza. Chiude ammandorlato, come si addice ad un vero Friulano. Se devo proprio fare un appunto dico che forse una bottiglia di questo rilievo dovrebbe uscire magari con un annetto in più sulle spalle.

"Più Vite" Cirò doc Riserva - Sergio Arcuri
Riserva proveniente da un vigneto di Gaglioppo di circa settant'anni, affina 4 anni in cemento. E' incredibile come sappia di Calabria, questo come tanti altri Cirò fatti bene, tanto che non si potrebbe ricondurre a nessun altro posto. Ci sono la frutta, le spezie, la terra ed il mare. Caldo come il sole, muscoloso, contadino, mediterraneo. A questi livelli confrontarsi con un Barolo non è una bestemmia, anche considerando i prezzi. Cirò è una perla.

“Tournesol” 2016 Gutturnio doc – Lusenti
In genere mangiando viene sete, eppure in Valtidone succede l’esatto contrario: sono proprio i vini piacentini di Lusenti a mettere fame! Sono stato rapito dal Tournesol, Gutturnio Metodo Classico da uve barbera e croatina in versione 52 mesi sui lieviti: rubino intenso, struttura importante, al naso frutta scura e note autunnali, bella sapidità e profondità che ne fanno un vino comunque importante che suggerisce abbinamenti anche inusuali. Piccola menzione anche per la Malvasia frizzante rifermentata naturalmente in bottiglia (ancestrale), naso profumato di agrumi e spezie piccanti e beva davvero disarmante.


"La Madre" 2018 Pinerolese rosso doc - Marco Beltramo
Faccia da poker per questo indigeno, faccia da culo di quelle che annuiscono fingendo di essere sul pezzo. Ma ora posso anche ammetterlo: non ho la più pallida idea di cosa e dove sia il pinerolese. Lo scopro adesso che me lo sono andato a vedere, parliamo di viticoltura piemontese di estrema periferia, dove a fare il vignaiolo ci si fa le ossa, soprattutto se come Marco Beltramo si vuole rispettare fedelmente territorio e tradizione. Là c'è terra povera ed acida, che dà vini duri, aspri, montanari. Vien da sé che per tirar fuori un rosso come La Madre, da uve nebbiolo, bisogna avere il manico: due annetti in legno grande e barrique, bella parte floreale e speziatura, tannino tosto, ottima persistenza. Vino serissimo, non l'ho comprato e me ne pento. Etichette stupende.

"Villa Bucci" 2017 Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva docg Classico - Villa Bucci
Tappa obbligata anche solo per celebrare il mitico Ampelio, eletto Vignaiolo dell'anno FIVI. Il Villa Bucci 2017 probabilmente non ha la classe delle annate migliori, eppure sfoggiando un'evoluzione già ben definita rivela la misura delle sensazioni che è in grado di regalare. Rinuncia alle proverbiali sottigliezze giovanile per concedersi con munificenza e grande complessità. Sua eccellenza.

"Poiana" 2018 Toscana rosso igt - Il Calamaio
Samuele non è potuto essere al Mercato, ma il suo Poiana faceva anche da solo gli onori di casa Calamaio al banchetto dell'amico Enrico Orlando. Lucca sarà pure una zona minore, ma questo è Sangiovese di razza, di quelli che non tirano mai indietro la gamba. Bono.


"Sant'Ansovino" 2018 Marche bianco igt - Col di corte
Definizione stilistica, essenzialità contemporanea, precisione del tratto senza tecnicismi. Vedo più o meno così i vini di Col di Corte. La loro riserva era un verdicchio con i controcosi, complesso, avvolgente, elegante. Ma gli individui di ingegno, fortunatamente, non possono stare fermi immobili, per cui a Col di Corte si sono rimessi in discussione con una scelta molto radicale. Per cui il nuovo Sant'Ansovino passa da Riserva DOCG a IGT, fa una breve macerazione sulle bucce, niente solfiti né filtrazioni, malolattica svolta: perde in eleganza e freschezza, diviene un vino un po' più complicato, forse anche cervellotico per certi versi, astratto eppure incredibilmente concreto, materiale, materico. Potrebbe essere un vino ideologico ma non lo è assolutamente, dio ce ne scampi! Essere integrali.

I Friulano dei Colli Orientali del Friuli di Stroppolatini
Non il comune Tocai (Friulano) ma Tocai giallo, ottenuto da vigne vecchie che possono vantare esemplari fino a 160 anni di età. Una varietà, questa, molto più espressiva, soprattutto a livello olfattivo: Stroppolatini lo propone in tre versioni diverse, affinate in acciaio o legno e con brevi macerazioni, in grado di rivelare caratteri molto diversi tra loro. Scelgo il Colle di Giano 2017, selezione in 600 bottiglie affinata in tonneau di rovere francese che presenta un bel quadro olfattivo evoluto di pesca gialla e crema di limone, toni mielati, con l'immancabile mandorla che diventa tostata. Complesso ed elegante. Vino che appare più pieno e carezzevole al sorso, ma di ottima dinamica e dalla chiusura pulita e sapida. Altra cosa che mi è rimasta impressa oltre ai vini è la simpatia trovata al di là del banchetto. è bello incontrare persone simpatiche, specialmente di questi tempi, specialmente se fanno vino buono.

"Vignagiulia" 2020 Offida Pecorino docg - Dianetti
Non c'è molto da dire, grande vino il Vignagiulia. Pecorino che proviene da un piceno tutto particolare: siamo in Val Menocchia, una zona collinare compresa fra i Sibillini e l'Adriatico caratterizzata da forti escursioni termiche. Magistrale purezza espressiva fatta di freschezza aromatica e precisione varietale, sorso teso e dinamico, attacco sferzante completato dal giusto corpo e da una bella scia sapida. Tutta la raffinatezza che può avere un Pecorino. Chapeau.

Giorno 2

Schioppettino 2019 Friuli Colli Orientali doc - Flaibani
Dicono non ci sia bevuta più friulana di uno Schiopettino. Vino/vitigno saldamento ancorato alle tradizioni. Eppur, come spesso accade, non ci sono vini più contemporanei di quelli prodotti con antiche uve autoctone. Vino succoso, pepato e peperino, dal corpo agile e nervoso e dalla beva compulsiva. Non è poi così diverso da Bruna, donna dall'energia coinvolgente, che quando racconta quello che fa e come lo fa ti porta con lei. Assaggi, chiudi gli occhi, viaggi.

"Petruscio" 2020 Puglia rosato igp - Marco Ludovico
Rosato da primitivo, per me un vino definitivo. Tant'è vero che va a ruba. Fragola e lampone, sale ed espressività. Marco da Mottola, Terra delle Gravine, presenta dei vini pugliesi che riscrivono quell'idea ammuffita che un po' tutti noi abbiamo dei vini pugliesi. Per non parlare poi del suo Primitivo, vino artigiano dal profilo tipicamente mediterraneo, succoso e misurato, sorprendente ed originale. Pareva semplice farlo così, eppure ci è voluto un vignaiolo geniale. Bravo bravo bravo.

"Ai confini del bosco" 2019 Bolgheri rosso doc - Mulini di Segalari
Bolgheri è forse quanto di più lontano ci sia, a livello di immagine, dalle Marche vitivinicole. Premesso ciò, messo da parte quel vago livore ancestrale che covavo, mi sono avvicinato al loro banchetto con ardente desiderio. Aspettative ripagate a pieno, cari indigeni, perché i loro vini sono davvero meravigliosi. Fra tutti, Ai confini del bosco 2019 è quello più mi ha convinto, forse proprio per quel suo essere il vino di mezzo, tutto votato all'eleganza ed alla scorrevolezza ma senza nascondere il proprio pedigree, sicuramente di un certo lignaggio. Bella la tipica nota balsamica bolgherese, bellissima l'etichetta. Tutte le etichette, anzi. Roba da collezione, anche perchè cambiano ogni anno. E niente, dopo aver conosciuto Emilio e Marina, dopo aver assaggiato Mulini di Segalari, Bolgheri mi sta più simpatica.


"Malvazija" 2020 igp delle Venezie - Gabì
Non posso esserne certo, ma io Gabrijel Cernigoi non me lo ricordavo così alto... Ad alzare lo sguardo per vederlo in faccia ho perso l'equilibrio, un'ascesa più ripida della salita per Longera (posti del cuore post-universitari). Posso invece affermare con estrema certezza che Gabì come enologo e vignaiolo è cresciuto di una spanna, pur rimanendo praticamente un garagista. I suoi vini mi sono sempre piaciuti moltissimo, ma ora brillano di una luce diversa. La sua Malvazija 2020, fra tutte le Malvasie istriane e non (sì, ne ho assaggiate diverse) bevute al Mercato, è quella che mi ha colpito di più, così autentica e raffinata, profumata di pesca, lime e miele, salata e polposa. Stupendo anche il rosso Cinghiale in Fuga, curioso taglio triestino di Barbera, Refosco e Cabernet sauvignon, slanciato, freschissimo e goloso. 

"Ghirada Biseni" 2017 Cannonau di Sardegna doc Riserva - Vikevike
Terra, uve e mani. Siamo a Mamoiada, viti di 90 anni, a 740 m s.l.m.. Le vigne vecchie hanno rese ridicolmente basse ma garantiscono alle uve una concentrazione prodigiosa. Ne deriva una riserva dai profumi e dai sapori complessi, di grandissima ricchezza e profondità, caratterizzata da un sorso sontuoso, morbido ma affatto faticoso. Ma anzi devo dire che è proprio la distensione di beva di un vino tanto pieno e consistente a risultare veramente stupefacente. P.A.I. eterna.
La foto qui sopra invece fa riferimento al "Ghirada Fittiloghe", cannonau da vigna giovane (15 anni) estremamente moderno, gentile ed elegante, sapido e di grande beva.


"Bianco di Sei" 2019 Etna bianco doc - Palmento Costanzo
Campione! Eccolo qui il bianco più emozionante del mio Mercato, preso proprio in extremis. Taglio di Carricante (90%) e Catarratto (10%) da viti ultracentenarie franche di piede allevate ad alberello in Contrada Santo Spirito a Passopisciaro, sul versante nord dell'Etna. Sfido chiunque a inalberarsi sul significato della parola territorialità quando un vino sa di limoni e di vulcano. Al naso colpisce subito la sferzata citrina, seguita da note di fiori bianchi, mela verde, frutta ancora acerba, zenzero, e le intense folate minerali sulfuree. In bocca è una lama affilatissima, con una netta scia sapida che aiuta a dare allungo al sorso. Sarà interessante seguirne l'evoluzione.

"Sette Cammini" 2020 Dolceacqua doc - Maccario Dringenberg
Ultimissimo assaggio prima di scappare via, ma anche l'occasione di un saluto fugace a Giovanna e Goetz. Nella visita estiva in quel di San Biagio della Cima questo vino ancora non c'era, per cui la curiosità era tanta. Peccato per le papille gustative ormai ridotte a brandelli, ma qualche suggestione l'ho potuta cogliere: ad esempio i profumi della macchia mediterranea, ed il gusto amaro del sale. La finitura elegantissima che accomuna tutti i loro vini. Il vigneto si trova in frazione Mortola, nel comune di Ventimiglia, a 550 m di altitudine ed a qualcosa di meno dal confine francese e no, non è necessario andarci fisicamente per sapere che da lassù si vede il mare.


Considerazioni finali

Questione app. La mappa digitale su app ha complicato i piani, almeno a me. Munito della classica mappa cartacea avrei assaggiato almeno 10 cantine in più, con conseguente riduzione di ansia da prestazione e di frustrazione dovuta ad aspettative non rispettate. Si scherza ovviamente. La strada è più difficile ma la direzione è quella giusta: basta tagliare alberi, cazzo. E poi ricordatevi i fondamentali: le cantine non fatte al Mercato non devono essere depennate dalla lista, ma vanno visitate sul territorio. 

Infine volevo ricordare i veri eroi, quelli che comprano le bottiglie alla fiera e se le bevono a pranzo. Gloria alla loro grandezza.

Visto che come al solito mi sono attardato nella pubblicazione, approfitto di ciò - anche se a malincuore - per salutare il grade Lino Maga, Vignaiolo Indipendente per antonomasia, che ha consegnato la terra, un territorio, in generale un modo di vivere a vignaioli più consapevoli.

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